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La mediazione tributaria: possibile anche per i tributi locali

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La mediazione tributaria è un importante istituto che mette a confronto il contribuente e la pubblica amministrazione in una maniera più morbida risposto al classico contenzioso. Questo strumento nasce con l’obiettivo di alleggerire i contenziosi tributari e, quindi, le controversie. Quantomeno si tratta di tutte quelle controversie che possono essere gestite e risolte senza l’intervento di un giudice. Viene definito uno strumento cosiddetto “deflattivo” delle controversie e, cioè, tendente a decongestionare il carico delle Commissioni Tributarie e favorendo gli accordi tra cittadino – utente e Pubblica Amministrazione. Per la mediazione tributaria – reclamo, esiste, però, un limite di importo e, cioè, le controversie non devono superare € 50.000. In questo articolo cercheremo di affrontare vari aspetti della mediazione tributaria.

La mediazione tributaria (valevole anche per i tributi locali comunali) è stata introdotta dal D. Lgs. n. 156 del 24 Settembre 2015. Dal 1° gennaio 2016, pertanto, è possibile far appello alla mediazione tributaria anche per i tributi locali – comunali o relativi ad altri enti territoriali. La condizione principale è sempre quella che il valore massimo della controversia non deve superare i 50.000 €.


Detto limite è stato portato a 50.000 € dall’art. 10, comma 1 del D.L. 24/04/2017 n. 50. Tale variazione sull’importo massimo si applica agli atti impugnabili notificati dal 1° gennaio 2018. Prima di tale modifica il limite era di € 20.000. Questo è quello che prevede l’ex art. 12, comma 5, del D. Lgs. 546/1992. Tale articolo dispone: “Per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste”. Pertanto, il valore massimo di € 50000 si riferisce all’imposta di base senza fare riferimento né a sanzioni né ad interessi.

Mediazione Tributaria anche per i Comuni

Avere esteso la mediazione tributaria anche ai tributi locali è senz’altro un vantaggio sia per gli enti che per i contribuenti interessati. E’ chiaro, però, che bisogna analizzare anche delle oggettive problematiche collegate a tale evenienza. Si possono, infatti, riscontrare problemi connessi alla struttura amministrativa comunale, spesso non accuratamente organizzata per affrontare tali tipi di contenzioso rispetto alle agenzie fiscali.

I Comuni dovrebbero anche organizzare i loro assetti in modo tale da gestire eventuali istanze di mediazione tributaria. Le normali agenzie fiscali sono, in genere, già organizzate con uffici staccati e predisposti per gestire eventuali reclami – richieste di mediazione tributaria. Gli enti locali dovrebbero valutare se mettere in piedi una struttura a parte, capace di potere reggere e gestire dette procedure di mediazione tributaria.

A parte il discorso strutturale e gestionale in generale, bisogna sottolineare che i Comuni, nei  cui  confronti  è  proposto  il ricorso (reclamo) per mediazione tributaria, può’ stare in giudizio anche mediante il  dirigente dell’ufficio tributi. Nel caso in cui tali enti locali fossero privi di figura dirigenziale apicale, è ugualmente possibile stare in giudizio tramite il titolare  della  posizione organizzativa afferente l’Area (o ufficio tributi).

Fino a che la fase della mediazione tributaria non si conclude, i termini del provvedimento comunale iniziale rimangono sospesi. Di conseguenza, il contribuente, nel caso di ritardo nella definizione del contenzioso, non corre il rischio di perdere la possibilità di presentare un ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. Da sottolineare che dal 16 settembre 2022 le Commissioni Tributarie hanno cambiato nome.

Nella predetta data, infatti, la legge 31/08/2022, n. 130, riguardo la riforma dell’ordinamento e del processo tributario, ha introdotto le nuove denominazioni di Corti di Giustizia Tributaria di primo grado Corti di Giustizia Tributaria di secondo grado. Le prime sostituiscono le commissione tributarie provinciali e le seconde quelle regionali.

Importante novità introdotta dalla riforma della Giustizia tributaria

La legge n. 130 del 31 Agosto 2022, ed in particolare l’art. 4, ha introdotto importanti novità riguardo la Giustizia Tributaria. Per quel che riguarda il reclamo – mediazione tributaria, l’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992 ha creato il seguente e delicato concetto. In pratica, in caso di rigetto del reclamo o di mancato accoglimento della proposta di mediazione formulata, la soccombenza di una delle parti, in accoglimento delle ragioni già espresse in sede di reclamo o mediazione, fa scaturire, per la parte che soccombe, una importante condanna.

Si tratta, infatti, del pagamento delle relative spese di giudizio. Tale condanna potrebbe ricadere sul funzionario che, in maniera immotivata, ha rigettato il reclamo o non ha accolto la proposta di mediazione. Ecco perché è sempre consigliabile valutare molto bene la materia del contendere da parte dei responsabili degli enti. Infatti, una leggerezza interpretativa sulla proposta di mediazione e, quindi, sulle ragioni avanzate dal contribuente, può determinare delicate conseguenze. Pertanto, analizzare bene le istanze dei contribuenti, da una dato accorcia l’iter di definizione dei contenziosi e dall’altro evita importanti carichi di responsabilità a carico dei funzionari comunali.

L’evoluzione della mediazione tributaria

La normativa sul reclamo – mediazione tributaria ha subito delle modifiche sostanziali dal momento in cui è stata introdotta. Infatti, fino al 31 dicembre 2015, la mediazione tributaria è stata applicata solo per gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate e notificati a partire dal 1 aprile del 2012. Invece, dal 1 gennaio 2016, in base a quanto modificato dal decreto legislativo n. 156 del 2015, la mediazione è applicabile anche alle controversie relative alle entrate derivanti dai tributi comunali, ai tributi dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e all’agente e ai concessionari della riscossione. E’ stato, senz’altro, un passo avanti in favore del decongestionamento del contenzioso tributario che, oggi, interessa vari settori della pubblica amministrazione.

La mediazione tributaria
Mediazione Tributaria come reclamo e procedimento deflattivo per ridurre il contenzioso

I vari processi deflattivi sul contenzioso tributario

In questo articolo abbiamo parlato della mediazione tributaria come forma deflattiva nei confronti del contenzioso tributario nel suo complesso. E’ il caso, però, di sottolineare che esistono diversi strumenti con cui il contribuente può aprire procedimenti mirati a raggiungere ad un accordo bonario o, comunque, più morbido con la pubblica amministrazione.

Questi strumenti, previsti dalle leggi vigenti, hanno l’obiettivo di assicurare il giusto equilibrio tra quello che viene richiesto dagli enti (tra tasse, tributi e contributi vari) e quelle che sono le eccezioni sollevate dagli stessi utenti. Con i sotto indicati strumenti il legislatore ha voluto, quindi, creare un punto d’incontro tra le predette posizioni al fine di evitare lunghi ed inutili contenzioni. Qui sotto indichiamo tutte queste modalità di interlocuzione – accordo tra cittadini utenti e pubblica amministrazione

La “compliance” come altro metodo per ridurre i contenziosi

Un’altra modalità che favorisce la riduzione dei contenziosi è la cosiddetta “compliance“. L’agenzia delle entrate o, anche, gli enti locali, usano, spesso, la “compliance” per addivenire ad accordi bonari con i contribuenti. Si tratta di inviti, da parte della pubblica amministrazione, in via “non contenziosa” a definire eventuali morosità (o infrazioni) tributarie con sanzioni ridotte (per esempio col ricorso al ravvedimento operoso).

Questo favorisce il contribuente che avrà la possibilità di pagare delle somme mediante una definizione tributaria agevolata e su invito bonario da parte dell’ente. Ciò evita di incorrere in un contenzioso che può scaturire dall’invio di un accertamento. Inoltre, l’utente, se i dati inviati dall’ente (a fronte del pagamento richiesto) non sono corretti, ha la possibilità di favorire una rettifica degli stessi.

La richiesta di rettifica da parte dell’utente, in questo caso, tende a dimostrare all’ente che il pagamento era corretto, che non era dovuto o che era dovuto per un importo inferiore. Ciò, per mezzo dell’invio di elementi e documenti di cui l’ente non era a conoscenza. Pertanto, il tutto si concretizza in un in un’ottica di confronto ente/cittadino che da la possibilità alla pubblica amministrazione di bonificare una banca dati e all’utente di evitare un accertamento.

L’eventuale “compliance” ad iniziativa dell’Agenzia delle Entrate.

Per l’Agenzia delle Entrate, per esempio, mettere in atto una “compliance” può essere rappresentato dall’invio di una comunicazione volta ad invitare le persone fisiche a verificare se nelle dichiarazioni dei redditi o IVA sono stati indicati correttamente tutti i dati reddituali. Oppure, possono essere inviate delle comunicazioni atte a dare la possibilità, agli utenti, di rivedere i redditi dichiarati in funzione di dati in possesso dell’agenzia stessa. Per esempio redditi di fabbricati derivanti da contratti di locazione registrati e non inseriti nella dichiarazione dei redditi.

Oppure altri redditi i cui dati sono in possesso dell’Agenzia delle Entrate. La lettera di “compliance” con il relativo invito a riverificare i redditi dichiarati, scaturisce da un incrocio tra le dichiarazioni dei redditi (modello 730 o modello unico) presentati ed altri dati in possesso della medesima agenzia. La lettera di compliance è trasmessa al contribuente tramite posta ordinaria. In alternativa può anche essere trasmessa per mezzo di posta elettronica certificata (PEC), se in possesso dell’utente.

In quali casi può essere attivato il procedimento di mediazione tributaria

Sono svariati i casi in cui il contribuente – utente – cittadino può avviare un procedimento (o proposta di reclamo) di mediazione tributaria. Per evitare una lunga elencazione invitiamo tutti i lettori a visitare la seguente pagina dell’agenzia delle entrate. Cliccando sul predetto link è possibile verificare tutti i casi in cui è possibile avviare una proposta di mediazione tributaria.

Come si conclude la “Mediazione Tributaria”

L’istanza di mediazione tributaria può concludersi in vari modi. Qui sotto indichiamo le diverse soluzioni.

  • Si può chiudere con l’accoglimento del reclamo (parziale o totale). In questo caso l’accordo col fisco (ente locale, agenzia delle entrate, ecc) si conclude debitamente sottoscritto da entrambe le parti.
  • Il reclamo viene rigettato. In tal caso l’ente impositore notificherà al ricorrente il provvedimento di rigetto motivando la decisione. In tale caso il ricorrente può accettare il provvedimento di rigetto oppure può ricorrere in Commissione Tributaria (oggi chiamata Corte di Giustizia Tributaria di primo grado o secondo grado).

Nel caso di accordo, lo stesso conterrà gli importi dovuti comprensivi di eventuali maggiorazioni (cioè interessi e sanzioni). Possono essere anche concordate eventuali rateizzazioni se richieste dal contribuente. Inoltre, se il ricorso era presentato per chiedere l’annullamento e lo stesso viene riconosciuto dall’ente, nessuna somma sarà dovuta dal contribuente.

Il mediatore tributario

Nella mediazione tributaria riveste un ruolo determinante il mediatore. Si tratta di un soggetto terzo e imparziale, che aiuta le parti a trovare un accordo proponendo delle proposte di conciliazione. Il compito del mediatore è quello di convincere le due parti a a trovare una soluzione pacifica. Bisogna distinguere la mediazione dalla conciliazione. La prima attiene al procedimento nelle sua interezza mentre la seconda è il risultato della mediazione se si giunge ad un accordo. Qui sotto si riporta un fac simile (editabile) di ricorso alla Commissione Tributaria comprensivo di istanza di mediazione tributaria.

Fac simile istanza di mediazione tributaria con ricorso in Commissione Tributaria editabile.

Come si procede quando si vuole avviare una mediazione tributaria?

Se un utente decide di contestare un provvedimento fiscale, deve prima passare dalla mediazione tributaria. Pertanto, per controversie che hanno un valore entro le 50.000 €, la mediazione tributaria è obbligatoria non essendo possibile chiamare in causa, in prima battuta, la Commissione Tributaria. La richiesta di mediazione tributaria deve essere notificata, all’ente che ha emesso l’atto, entro 60 giorni dal ricevimento dell’atto stesso.

Da quel momento si sospendono i tempi per ricorrere alla Commissione Tributaria. Se la mediazione porta ad un accordo, il contribuente deve versare l’importo concordato entro 20 giorni. Le sanzioni dovuto, in tal caso, dovranno essere corrisposte nella misura del 35% dell’importo minimo previsto dalla legge. Dalla mediazione tributaria può anche scaturire una nuova proposta fatta dall’agenzia delle entrate o dall’ente locale.

Di conseguenza l’utente, in questo caso, dovrà valutare ciò. In ogni caso, l’accordo è la soluzione ottimale per entrambe le parti al fine di evitare spese legali o altre spese. La procedura deve concludersi entro 90 giorni dalla notifica dell’atto. Se non si conclude con l’accordo (conciliazione), il contribuente può chiamare in causa la Commissione Tributaria (oggi denominate Corte di Giustizia Tributaria di primo grado o secondo grado).

I consigli della redazione di TributiComunale.it

In questo articolo abbiamo trattato l’argomento “mediazione tributaria” e tutto ciò che ruota attorno a questa forma di reclamo. Qui sotto, invece, indichiamo diversi link che vi consentono di leggere altri importanti articoli del nostro blog.

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