La Riscossione Coattiva dei Tributi Locali

La Riscossione Coattiva dei Tributi Locali

Hai ricevuto un accertamento dal Comune ? Si trattava di un accertamento I.M.U., TA.SI., TA.RI. o per altri tributi comunali ? Stai tranquillo. Prima di convincerti che l’accertamento va pagato devi accertarti che si tratta di una somma dovuta. Se sei capace, verificalo da solo anche grazie ai suggerimenti che ti diamo con questo articolo. Se non sei all’altezza di verificarlo attentamente, non preoccuparti. Rivolgiti ad un consulente, un CAF o, comunque, ad un esperto di tributi comunali (locali). L’unica cosa che non devi fare è ignorarlo !! Se ti viene notificato un omesso o insufficiente versamento dei tributi locali e tu nè paghi nè contesti la comunicazione, incorrerai in una Riscossione Coattiva !!

La Riscossione Coattiva dei tributi locali è una riscossione forzata ed opera nel caso in cui l’utente, entro un certo termine, non ottempera al pagamento dopo l’avviso di accertamento. Il termine entro cui bisogna effettuare il pagamento è indicato nello stesso avviso di accertamento. Chiaramente è necessario che l’accertamento sia regolarmente notificato al contribuente, ad un componente del nucleo familiare o a persona idonea a ricevere la corrispondenza.

Il nostro consiglio è quello di evitare la Riscossione Coattiva da parte dell’ente. Tale forma di riscossione, infatti, prevede ulteriori costi rispetto a quelli già notificati con l’avviso di accertamento. I costi aggiuntivi si giustificano sia dall’intervento di altri organismi (concessionari, o altre ditte) sia da ulteriori procedure da avviare o interessi legali.

Inoltre, chi continua a non pagare i tributi comunali anche dopo l’apertura della fase di Riscossione coattiva, rischia conseguenze ancor più complicate. Per esempio, si va dalle meno invasive (cioè il “fermo amministrativo sull’automobile“) per arrivare anche a situazioni ben più gravi come per esempio pignoramenti ordinari, pignoramenti presso terzi, pignoramenti mobiliari ed immobiliari (nei casi di ingenti somme a debito) o anche prelevamento del quinto dello stipendio.

Verifica se le somme sono dovute prima della riscossione coattiva dei tributi locali

Come si diceva nel paragrafo precedente, quando si riceve un avviso di accertamento bisogna cercare di capire se quanto chiede il Comune è dovuto o meno. La cosa più sbagliata che puoi fare è ignorare l’avviso. Se ignori l’avviso del Comune e fai scorrere, inutilmente, il tempo indicato nell’avviso, la somma richiesta si consolida. Ciò significa che non contestare l’avviso nei termini previsti, equivale a confermare la sua efficacia.

Altra cosa che non devi fare è “rifiutare” la notifica dell’avviso. Infatti nel caso in cui tu rifiuti la consegna (al postino o al messo comunale) l’accertamento si ha ugualmente come “notificato“. Quindi a che serve rifiutare se ciò equivale, lo stesso, a notifica ? Il nostro consiglio è quello di prendere sempre l’avviso. Questo ti consente di verificarlo, leggerlo per bene e capire se è da pagare o se vi sono i presupposti per una richiesta di annullamento.

Rifiutarsi di ricevere l’avviso di accertamento oppure non contestare nei termini previsti dall’avviso contribuisce ad aprire le porte alla riscossione coattiva (o forzata) dei tributi locali – comunali. I responsabili degli uffici comunali hanno delle precise responsabilità amministrative e contabili sulle pratiche. Pertanto, se all’avviso di accertamento non corrisponde un pagamento oppure un ricorso, il procedimento di riscossione fa il suo naturale decorso. La riscossione coattiva dei tributi locali è proprio la fase seguente se, come detto prima, non si riscontra nè pagamento nè contestazione.

Se riesci a capire che l’avviso di accertamento è frutto di errore amministrativo o contabile, hai due strade da seguire. Puoi fare un “ricorso in autotutela” direttamente all’ente che ha emesso l’avviso oppure puoi direttamente chiamare in causa la “Commissione Tributaria” delle tua provincia di appartenenza.

Ricorso in autotutela o presso la Commissione Tributaria?

Quando si riceve un avviso di accertamento spesso non si sa quale via intraprendere per una eventuale contestazione. Chiaramente, se gli importi sono dovuti ed il contribuente né è consapevole, è inutile pensare di inoltrare contestazioni. In tale ultimo caso, eventualmente, si può solo pensare ad un’istanza di rateizzazione (se vuoi rendere più agevoli i tuoi versamenti). Ciò in alternativa al versamento in unica soluzione. In genere i regolamenti comunali prevedono già i pagamenti rateali.

Se l’accertamento non è dovuto hai, quindi, una duplice possibilità. La prima è quella del ricorso in autotutela. Questa forma di ricorso è la più pratica ed anche la più economica. Devi presentare il ricorso in autotutela direttamente all’ente che ha emesso l’avviso di accertamento. In esso vanno inserite le motivazioni secondo le quali andrebbe annullato. Se il Comune, riconosce l’errore, può senz’altro annullare l’atto e formalizzare uno sgravio tributario.

Alla Commissione Tributaria Provinciale puoi ricorrere sia in prima battuta (in alternativa al ricorso in autotutela) sia a seguito di rigetto dell’ente su una richiesta di annullamento “in autotutela“. Prima di decidere di presentare il ricorso alla commissione tributaria, valuta molto bene i costi da sostenere per presentarlo.

Se l’importo delle controversia è inferiore a 3000 Euro, è possibile ricorrere in Commissione Tributaria anche personalmente e cioè senza l’assistenza di un professionista abilitato (Art. 12 del Decreto legislativo, 31/12/1992 n° 546). Questo, ovviamente, se avete delle specifiche competenze sull’argomento. Diversamente, è consigliabile l’affiancamento di un professionista anche se l’entità della controversia sia inferiore a 3000 Euro.

Chi può assisterti nei Ricorsi in Commissione Tributaria

L’art. 12 del D.Lgs 546/1992 indica le categorie di difensori che sono abilitati ad assisterti nelle procedure di ricorso. Anche, gli impiegati delle ex carriere dirigenziali, di concetto e direttive dell’Amministrazione finanziaria e gli ufficiali o sottufficiali della Guardia di Finanza, collocati a riposo dopo almeno 20 anni di servizio possono essere abilitati a rappresentarti in un giudizio tributario. L’abilitazione all’assistenza tecnica si ottiene dietro presentazione di idonea domanda presentata, dall’interessato, alla Direzione della Giustizia Tributaria. L’autorizzazione consente l’abilitazione ad operare per tutto il intero territorio nazionale.

Riscossione Spontanea e Coattiva. Differenze.

La riscossione spontanea, è, come dice la stessa parola, quella che vede il contribuente effettuare il pagamento in forma naturale e sin dalla scadenza naturale. Il consiglio di questa redazione è, indubbiamente, quello di seguire questa linea di pagamento. Pagare in forma spontanea ti evita l’aggravio di sanzioni ed interessi. Inoltre, viene a crearsi anche una antipatica situazione di “contenzioso tributario” con l’ente che nuoce, senz’altro, sui rapporti tra contribuente e pubblica amministrazione.

Possiamo parlare di riscossione spontanea nei casi di pagamenti effettuati dai contribuenti alla scadenze naturali, mediante l’utilizzo di bollettini di c/c postale, con bonifici, F24 (cartacei o editabili cioè compilabili online), poste private, in contanti, carte di credito, bancomat, MAV o altre forme di versamenti. Anche il versamento IMU o TASI può rientrare tra i versamenti spontanei in quanto effettuato, “in autotassazione“, dall’utente alle scadenze di Giugno e Dicembre.

E’ buona norma da parte degli enti favorire la riscossione ordinaria, il che vuol dire agevolare e promuovere i pagamenti ordinari, ricordare le scadenze, sollecitare i versamenti prima di riscuotere coattivamente. La Riscossione Coattiva è quella più drastica per l’utente ed anche quella più articolata, complessa da gestire e più onerosa riguardo gli importi da pagare.

Come spiegato sopra, la riscossione coattiva o forzata dei tributi locali entra in atto solo dopo un avviso di accertamento non pagato e divenuto esecutivo (in genere 60 giorni dopo la notifica dello stesso). Rispetto alla riscossione spontanea è, indubbiamente, una modalità “coercitiva” e, di conseguenza, brusca. Il pagamento della cartella consente la chiusura della pratica. Diversamente, si aprono le porte ad una serie di azioni esecutive volte al recupero forzato delle somme dovute e non pagate dal contribuente.

I tipi di riscossione coattiva dei tributi locali

La riscossione coattiva (o forzata) dei tributi comunali può essere gestita dai Comuni in vari modi:

  • Riscossione Coattiva tramite “ruolo” disciplinata dal Decreto Presidente della Repubblica n. 602/1973;
  • Riscossione Coattiva a mezzo “ingiunzione di pagamento“, prevista dal Regio Decreto n. 639/1910.

La riscossione coattiva dei tributi locali a mezzo ruolo

La riscossione coattiva dei tributi locali tramite ruolo (ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) rappresenta uno dei sistema di riscossione forzata in cui il titolo esecutivo è rappresentato dal ruolo. Il ruolo è l’elenco dei soggetti morosi creato dall’ente e trasmesso al concessionario di riscossione. Naturalmente per essere inserito in un ruolo coattivo l’utente deve ricevere una precedente notifica di un avviso di accertamento.

La notifica della cartella di pagamento, come atto di inizio della procedura di riscossione coattiva dei tributi locali è fondamentale per le eventuali azioni esecutive da intraprendere successivamente in caso di persistente mancato pagamento. Infatti, l’art. 50 del D.P.R. n. 602/73 prevede proprio che il concessionario della riscossione, allo scadere dei 60 giorni, concessi con la notifica della cartella, inizi le procedure di espropriazione forzata.

L’ingiunzione Fiscale

L’ingiunzione fiscale è un istituto nato da una norma del 1910. I comuni ne fanno un uso piuttosto ricorrente in quanto si tratta di una procedura più rapida di riscossione dei tributi comunali. Con tale procedura potrebbe anche essere possibile evitare la formazione del ruolo. Gli enti però, nella gran parte dei casi, realizzano ugualmente il “ruolo coattivo” come atto rafforzativo di tutta la procedura di riscossione.

L’ingiunzione fiscale redatta è notificata direttamente dai Comuni, nella qualità di enti creditori. Ma può anche essere predisposta e recapitata ai debitori da organismi esterni all’ente (concessionari o altri soggetti abilitati) iscritti in apposito albo ministeriale. Si tratta di un atto mediante il quale l’ente accerta determinati crediti (IMU, TASI, TARI, Canone acqua, TOSAP, ICP, ecc..) con l’apposita aggiunta della maggiorazioni previste dalla legge (cioè sanzioni, interessi, more varie).

I Comuni notificano l’ingiunzione all’utente debitore il quale, se continua a non pagare, rischia di subire le procedure esecutive previste dalla legge. Diverse sono le procedure esecutive alle quali il debitore può essere sottoposto: fermo amministrativo dell’automobile, pignoramento del quinto dello stipendio, pignoramento presso terzi. Ma possono anche entrare in gioco pignoramenti mobiliari o, in caso di debiti di certe dimensioni, anche pignoramenti immobiliari.

Altri aspetti dell’Ingiunzione Fiscale

Secondo la giurisprudenza, l’ingiunzione fiscale è espressione del potere di auto-accertamento e di autotutela della Pubblica Amministrazione. Ha natura giuridica di atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, legittimando, in caso di mancato pagamento, la riscossione coattiva mediante pignoramento dei beni del debitore.

L’ingiunzione fiscale, pertanto, incorpora, nel contempo le vesti del decreto ingiuntivo e del precetto e può essere autogestito dalle stesso comune, in prima persona o con l’ausilio di soggetti esterni. Riguardo la modalità della notifica al contribuente moroso, l’Ingiunzione Fiscale, può essere recapitata al debitore tramite ufficiale giudiziario, messo notificatore o raccomandata A/R. Non è legittima la notifica di un’ingiunzione fiscale tramite pec, poste private o fax.

Anche l’ingiunzione fiscale è soggetta a dei termini prescrizionali. Nei casi di tributi locali (e quindi comunali), la prescrizione è quinquennale. Di conseguenza, decorsi i cinque anni dalla sua notifica, non è praticabile l’esecuzione forzata ai danni del debitore. In ogni caso, comunque, una volta notificata l’Ingiunzione Fiscale, i termini prescrizionali di 5 anni, previsti per i tributi comunali dalla Legge n. 296/2006, art. 1 commi dal 161 al 167 ripartono da zero.

Quindi, la notifica dell’ingiunzione funge da atto interruttivo della prescrizione. Inoltre, l’ingiunzione fiscale rappresenta un credito di triplice valenza e cioè certo, liquido ed esigibile. E’ un credito “certo” in quanto alla sua esistenza. E’ “liquido” nel senso che è ben determinato in relazione al suo importo. “Esigibile” in quanto non è soggetto ad alcuna condizione. Il pagamento apre le porte all’esecuzione forzata. Inoltre, si evidenzia che il termine per impugnare un’ingiunzione fiscale (se non la si ritiene dovuta) è di 60 giorni dalla notifica.

Il fermo amministrativo sulla tua auto

Il fermo amministrativo è un istituto che consente ai Comuni (o altri enti creditori) di bloccare un bene mobile di un debitore o coobbligato (per esempio un’automobile). Nella sostanza si tratta di un blocco prettamente amministrativo (cioè presso il Pubblico Registro Automobilisticodetto comunemente PRA). Il fermo amministrativo, quindi, limita l’utilizzo del veicolo. Potrà essere rimosso solo dopo il pagamento.

Se tale veicolo viene ugualmente utilizzato, si rischia una rilevante sanzione. Inoltre, il fermo amministrativo, non consente nè la demolizione, nè la radiazione del veicolo. Ciò sia se rimane di proprietà del debitore che nel caso venga venduto. Inoltre, se il debitore non salda il suo debito, il concessionario della riscossione potrà disporre la vendita del veicolo.

Cancellazione del fermo amministrativo

Intanto, prima di procedere alla cancellazione del fermo amministrativo sull’automobile, occorre capire se lo stesso è stato apposto alla vettura. Per verificarlo basta richiedere una visura sulla targa del veicolo presso l’Ufficio Provinciale ACI, un ufficio di disbrigo pratiche auto oppure anche online su uno dei diversi portali che offrono questo servizio. E’ consigliabile prima verificare il costo di tale servizio.

La cancellazione del fermo amministrativo sull’automobile può avvenire solo a seguito del saldo del debito per tributi comunali (o altri tributi) da parte del debitore. In tal caso per eliminare l’iscrizione occorrono i seguenti documenti:

  • revoca sottoscritta dal concessionario della riscossione (nel caso in cui venga saldato il debito) contenente i dati del veicolo, del debitore e l’importo del credito;
  • il certificato di proprietà normale (CDP) o digitale (CDPD) con acclusa, sul retro, la nota richiesta oppure il foglio complementare;
  • Il modello NP-3 nel caso in cui non si dovesse usare il CDP o il CDPD;
  • ricevuta di versamento di Euro 32;
  • imposta di bollo: euro 32,00 (se si utilizza il retro del CDP o il CDPD come richiesta) oppure euro 48,00 (se vene utilizzato il modello NP-3 per la richiesta).

Dopo la presentazione della predetta documentazione, il fermo amministrativo viene eliminato e, di conseguenza, viene rilasciato il nuovo Certificato di Proprietà Digitale.

Le forme di pignoramento seguenti alla riscossione coattiva dei tributi locali

Il culmine di tutta la fase della riscossione forzata dei tributi comunali è rappresentato dal “pignoramento“. Con tale procedura vengono prelevati, forzatamente, i beni del debitore moroso (arredi, mobili, titoli di credito, denaro, case, conti corrente, stipendi ed anche le pensioni. Prima di passare al pignoramento, naturalmente, il Comune (o qualunque altro ente creditore, deve aver portato a termine, con regolarità, tutte le altre fasi della riscossione coattiva.

Il pignoramento dei beni del debitore può manifestarsi in varie forme. Alcuni esempi di pignoramento sono i seguenti: a) pignoramento presso terzi; b) pignoramenti dei beni mobili; c) pignoramento immobiliare. Nei seguenti paragrafi vengono descritti in maniera più specifica.

Pignoramento presso terzi

Il pignoramento presso terzi si ha quando vengono bloccati i crediti che il debitore vanta nei confronti di altre persone. Ha lo scopo di far passare i crediti direttamente al comune (o altri enti). Il pignoramento presso terzi si può manifestare in vari modi. Si ha, per esempio, il pignoramento del quinto dello stipendio (o della pensione) quando viene esercitato dal creditore direttamente presso il datore di lavoro del debitore.

Può essere messo in atto solo sulla quinta parte dello stipendio. Con tale procedura il debito viene soddisfatto trattenendo direttamente dallo stipendio del debitore, ed ogni mese, questa frazione di stipendio. Naturalmente questa trattenuta durerà fino all’esaurimento del debito. Saldato il debito, lo stipendio del debitore ritornerà ad essere normale.

Un’altra forma di pignoramento presso terzi è quello che viene fatto sul conto corrente, titoli o libretti postali del debitore. Viene messo in atto attraverso un’intimazione notificata alla banca o alle poste del debitore. Questa procedura tende a bloccare le somme corrispondenti al debito. In tale caso si possono avere varie situazioni che ti illustro qui di seguito.

  • Può verificarsi il caso in cui il conto corrente del debitore sia vuoto oppure con un saldo attivo non sufficiente a coprire il debito. In questa circostanza verranno bloccate le somme esistenti sul conto anche se di importo inferiore al debito. Eventuali bonifici a favore del debitore verranno bloccati fino a concorrenza del debito.
  • Se il conto corrente ha disponibilità inferiori o uguali all’importo del debito, il conto stesso viene bloccato. Vi è la possibilità di ricevere bonifici favorevoli al debitore ma non sarà possibile prelevare somme se non viene soddisfatto l’importo del debito.
  • Se il conto ha un saldo superiore all’importo del debito, possono essere prelevate le somme eccedenti il debito stesso. Anche in tal caso i bonifici possono essere ricevuti.

Pignoramento dei beni mobili

Il pignoramento può anche interessare i beni mobili appartenenti al debitore. Si definiscono beni mobili quelli che si possono spostare. Rientrano in tali beni, per esempio, la TV, i gioielli, il divano, il contenuto della cassetta di sicurezza in banca, della cassaforte dell’abitazione, ecc. La procedura di riscossione coattiva dei tributi locali per somme non superiori a 2.000 Euro devono essere precedute da due avvisi a distanza di sei mesi uno dall’altro.

La vendita dei predetti beni mobili viene effettuata, con pubblico incanto dall’agente di riscossione. Questa forma di pignoramento deve essere messa in atto entro duecento giorni dal suo inizio. In mancanza, l’agente della riscossione, entro 10 giorni, dovrà effettuare idonea richiesta di cancellazione della trascrizione del pignoramento dal pubblico registro mobiliare. Stessa richiesta di cancellazione dovrà essere effettuata nel caso di saldo del debito.

Va anche sottolineato che, prima di procedere alla vendita dei beni mobili pignorati, l’agente della riscossione dovrà affiggere all’albo del Comune, per 5 giorni, un avviso che pubblicizza la vendita dei beni. Dovrà inoltre, essere pubblicizzata, nel medesimo avviso, la data, l’ora ed il giorno della vendita.

Anche lo stesso debitore può procedere alla vendita del bene pignorato o ipotecato ma dovrà farlo attenendosi all’importo già determinato dalla procedura. In tale circostanza occorre anche l’autorizzazione dell’agente della riscossione. Nel caso di vendita ad importo superiore al debito, la differenza verrà restituita al debitore entro dieci giorni.

Il pignoramento immobiliare in generale

Il Pignoramento Immobiliare è la procedura più pesante per il debitore moroso. Si tratta di un’eventualità più rara nei casi di riscossione forzata dei tributi comunali in quanto trattasi, mediamente, di somme non molto alte. Ma cerchiamo di descrivere, brevemente, in quali casi può essere avviata una procedura di pignoramento immobiliare.

Bisogna distinguere il caso in cui il creditore è un privato (e cioè un cittadino comune, una banca, una finanziaria, ecc..) da quando, invece, è un agente della riscossione, l’Agenzia delle entrate o un concessionario che ha ricevuto un incarico da un ente pubblico (Comune, Erario, ecc.). Nel primo caso non vi sono limiti di importo per avviare la procedura di pignoramento immobiliare.

Pertanto, il privato, anche per piccoli importi di 500-600-1000 Euro, può anche decidere di optare un pignoramento immobiliare anziché intraprendere altre strade (per esempio, pignoramento presso terzi, o pignoramento mobiliare). E’ evidente, però, che per i crediti di importi bassi è illogico scegliere la via del Pignoramento immobiliare. Le ragioni sono essenzialmente due.

La prima è rappresentata dai costi più elevati della procedura rispetto al credito vantato nei confronti del debitore. La seconda è quella che, in presenza di un ricorso del debitore (il quale potrebbe contestare proprio questa scelta eccessiva di fronte ad altre possibili strade), il giudice potrebbe decidere la “non congruità l’inopportunità del pignoramento immobiliare.

Sempre nei casi in cui l’azione di pignoramento immobiliare provenga da privati, un limite di importo minimo potrebbe essere quello di Euro 5.000. Si tratta di un limite non imposto dalla legge ma da orientamenti giurisprudenziali. Di conseguenza il rischio che un giudice possa bloccare la procedura di pignoramento immobiliare, per crediti inferiori a 5000 Euro, è abbastanza alto.

Il pignoramento immobiliare nei casi di riscossione coattiva dei tributi locali

Come riportato nel paragrafo precedente, il pignoramento immobiliare ha dei precisi limiti nel caso in cui il debitore abbia di fronte un agente della riscossione, l’Agenzia delle entrate o un concessionario che ha ricevuto un incarico da un ente pubblico (Comune, Erario, ecc.). Infatti, in tali casi, affinché possa avviarsi la procedura occorre che vi sia un credito di almeno 120.000 Euro e che il debitore abbia beni per un valore almeno corrispondente a detta cifra.

Vi sono, poi, altre condizioni. Infatti, non è possibile procedere nei confronti di quel debitore che abbia, come unico immobile, la sua “prima casa“. Viene intesa “prima casa” l’abitazione principale del debitore ed in cui esso ha anche la residenza anagrafica. Se il debitore dispone anche di altre piccole proprietà (anche per minime quote) come terreni o anche altre porzioni di fabbricati (per esempio condivisi con altri), questo vincolo decade. In questo caso, infatti, possono essere sottoposti a pignoramento immobiliare sia la prima casa che gli tutti altri immobili.

Diverso è il caso in cui il debitore sia unicamente proprietario di “prima casa” ma quest’ultima abbia le categorie catastali A8 o A9, cioè case di lusso. In questo caso, infatti, nonostante lo stesso debitore non abbia altri immobili, l’abitazione principale (o la pertinenza della stessa) diventa pignorabile per il semplice fatto che trattasi di “casa di pregio“. Naturalmente, non vi è alcun tipo di vincolo per quelli che vengono definiti “altri fabbricati” e cioè negozi, magazzini, seconde case, opifici, capannoni, ecc.. Queste tipologie di fabbricati, infatti, posso essere pignorati senza che vi sia alcuna eccezione.

Altri aspetti del pignoramento immobiliare nella riscossione forzata dei tributi comunali

E’ risaputo che la procedura di pignoramento immobiliare ha costi più alti rispetto alle altre e può anche far registrare tempi più lunghi per la sua conclusione. La lunghezza della procedura può derivare anche dalla tipologia o dal costo del bene che sarà oggetto di asta immobiliare. Se il bene immobile è situato, per esempio, in una località turistica, può avere un mercato di portata più elevata.

Oppure un immobile ad un prezzo basso può anche attirare più investitore all’acquisto. Pertanto, la lunghezza di questa procedura può senz’altro dipendere anche da questi aspetti. Il consiglio che, comunque, vogliamo dare a tutti è di stare molto attenti a gestire un qualunque tipo di pagamento tributario.

A volte anche i tributi comunali, argomento principale di tutto questo blog, possono portare il contribuente in situazioni piuttosto gravi come quella del “pignoramento immobiliare“. Se il contribuente ha diverse proprietà immobiliari e diverse morosità arretrate per IMU, TASI, TARI, Canone Acquedotto, TOSAP o Imposta Pubblicità, in effetti il rischio di poter arrivare a debiti importanti è piuttosto elevato. Se poi sommiamo anche varie multe trascurate, può essere veramente complicato gestire il tutto.

Va anche considerato che gli accertamenti emessi dall’ente, fanno lievitare gli importi anche del 30% (a titolo di sanzioni) rispetto all’imposta di base. Inoltre, ulteriori aggravi possono dipendere anche dagli interessi legali e more diverse che possono essere vigenti nei regolamenti comunali. Pertanto, bisogna stare molto attenti e cercare di essere puntuali e precisi nel pagamento dei tributi ed in particolare di quelli comunali. E’ un vero peccato rischiare di dilapidare un patrimonio immobiliare accumulato con tanto fatica negli anni.

Contenere il più possibile i debiti tributari

In alcuni casi, è molto utile ridurre il più possibile i propri debiti tributari facendo ricorso al ravvedimento operoso. Il ravvedimento è quell’istituto che consente di pagare spontaneamente degli arretrati tributari (IMU, TASI, TARI, ecc..). Optare per il ravvedimento dà la possibilità di pagare l’imposta dovuta (già scaduta) con sanzioni minime. Cliccando sul seguente link potete leggere un articolo dettagliato sul ravvedimento operoso e sui vari aspetti di esso. RAVVEDIMENTO.

Nel 2019 lo stato italiano ha anche approvato norme sulla “Pace Fiscale” che hanno favorito pagamenti agevolati e rateali sui tributi locali e con l’eliminazione delle maggiorazioni. Sul seguente link tutti i particolari del provvedimento: PACE FISCALE. Per procedere al pagamento dei tributi comunali, il sistema più diffuso tra i contribuenti è l’utilizzo del modello F24. Questa forma di pagamento può essere utilizzata sia mediante o modelli cartacei, da compilare a mano, sia tramite con metodo editabile – compilabile, online).

Qui di seguito un articolo abbastanza dettagliato su come compilare il modello F24 in maniera esatta e senza fare errori. COME SI COMPILA IL MODELLO F24. Consigliamo anche di leggere il seguente articolo che illustra le maggiori novità, per il 2019, sui tributi comunali che possono tornarti utile per la gestione dei tuoi pagamenti. Anche importante è l’altro articolo sulla prescrizione dei tributi locali – comunali.

L’accertamento esecutivo dei tributi locali in vigore dal 2020

Dal 1 Gennaio 2020 entrerà in vigore l’accertamento esecutivo dei tributi locali. Si tratta nella sostanza di un provvedimento che incorpora, contemporaneamente, i caratteri dell’accertamento e della cartella esattoriale. In pratica, questo provvedimento avrà anche i caratteri “coattivi”.

Pertanto, si procederà subito con le azione esecutive (fermi amministrativi, pignoramenti presso terzi, pignoramenti stipendi, ecc..) per chi non adempie al pagamento. Vi invitiamo a leggere, cliccando sul seguente link, un articolo dettagliato di questo blog che parla di questo importante argomento: Accertamento esecutivo tributi locali.

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